Il Vestito, un manufatto culturale
Il vestito, da manufatto culturale a strumento di strategia comunicativa.
Il vestito, l’abito, è un’invenzione umana che, sin dai primordi dell’umanità, nasce con la precisa funzione di riparare il proprio corpo.
Ma non solo! Ha anche la funzione di rispettare quel senso di dignità legata al pudore, propria di ogni essere umano.
Il “vestirsi”, quando rientra in sistemi di controllo e organizzativi di norme collettive , viene comunemente denominato costume.
Inteso come sistema, il costume risulta essere una struttura i cui elementi sono privi di valore, perché significanti in quanto legati a norme collettive.
Ogni società, dunque, ha un suo costume, esplicitato nelle forme e nelle usanze di alcuni capi di vestiario, soggette a precise regole di fabbricazione.
Possiamo dire che il costume è una realtà istituzionale, essenzialmente sociale, che si avvale di norme da seguire, da rispettare.
Tutte le società intervengono sul corpo.
Il corpo assume, quindi, la funzione di rappresentare identità etniche, religiose, posizioni sociali, di sesso, di rango. Ed ogni tipo d’intervento sul corpo dipende da tradizioni culturali, che si identificano con tatuaggi sulla pelle, con impiego di colori, di piume, di pelli o di abiti non strettamente necessari.
In tutte le culture il corpo viene ornato anche in riferimento a significati erotici, con applicazione di oggetti sulle zone erogene, sia femminili che maschili, come orecchini, fiori, collane, cavigliere, cinture ed astucci penici.
Analizzando le tendenze della moda femminile in Europa e nel nord America negli ultimi 300 anni, i corpetti, le crinoline, i reggiseno imbottiti, i tanga, le gonne a vita bassa che mostrano l’ombelico, sono manufatti che hanno la precisa funzione di provocazione erotica.
Ma come avviene in ogni contesto societario che quella forma di comunicazione soggettiva passa attraverso il corpo? Semplicemente indossando i vestiti- manufatti che il costume istituzionalizza e propone.
La scelta del “vestito”, ed anche l’atto di indossarlo, si realizza come realtà strettamente individuale, e permette all’individuo di attuare su di sé l’istituzione generale del costume.
Possiamo addirittura considerarla una forma d’arte, in quanto esprime emozioni, ansie, ed esperienze tipiche degli individui di una determinata cultura.
Il “vestirsi”, da semplice funzione di protezione del corpo, diventa un atto che coinvolge a pieno l’emotività dell’individuo.
Indossare un particolare vestito e non un altro, permette di essere unici, autentici, nell’espressione ricercata della propria personalità.
Ogni vestito ha senza dubbio una propria dimensione individuale, in relazione al grado di usura, all’accostamento degli accessori, alla scelta dei colori, e, cosa importante, ai gesti d’uso tipici dell’indossatore.
La moda propone vastissime scelte di abiti da indossare. Non dimentichiamo che la moda rientra nel sistema del costume, in quanto attua la relazione che esiste fra l’individuo ed il suo gruppo nelle continue proposte di abbigliamento.
Ma la moda sconvolge, in un certo senso, continuamente le sue proposte, e contribuisce a rinnovare non solo le proposte dei capi d’abbigliamento, ma anche ad introdurre cambiamenti nell’istituzione concordata del costume.
Le proposte di moda distruggono ciò che l’anno precedente davano come sublime, spettacolare, e propongono come novità assoluta ciò che distruggeranno.
Ma non solo, la moda crea stereotipi, divisioni di genere, di generazioni, di classe. Propone manufatti adatti a creare personalità individuali, soggetti autentici per la forma comunicativa a cui i soggetti affidano il proprio corpo.
Tutto è in relazione al modo in cui si gestiscono le scelte dei capi d’abbigliamento, il loro accostamento, il loro uso, la ricerca di elementi particolari che contraddistinguono un modo di essere alla moda da un altro.
Sotto questo profilo, comunicare con l’abbigliamento attraverso scelte soggettive, significa dare un senso alla funzione che connotano le opposizioni degli elementi indossati, le loro distinzioni o congruenze, del tutto comparabili alle unità sintattiche di un discorso comunicativo.
Ecco che un certo tipo di abbigliamento veicola un significato unico ed irripetibile, proprio perché la gestione è individuale.
Ma il sistema della moda non ha contribuito solo a questo. Ha anche agevolato l’emergere di soggettività nascoste, impossibilitate ad esprimersi anche attraverso il proprio corpo.
Basti pensare all’affermarsi di alcuni stili, come il folk, lo stile trendy, il retro look che combina la cultura pop degli anni 60 con idee della moda di oggi, creando un tipo di abbigliamento casual a tratti anche molto chic.
Questi stili, insieme a tutta la serie di tendenze della moda create per i giovanissimi e create dagli stessi movimenti giovanili, hanno contribuito in modo decisivo a far sì che un vestito indossato, un look, diventassero una significativa carica comunicativa di precisa appartenenza identitaria.
Il look creato sul proprio corpo, può così comunicare antagonismo alla cultura del costume ufficiale, e nella sua composizione di elementi singolari, essere paragonato alla creazione di un’opera d’arte, arrivando a coniugare il feticcio della merce di moda e la sua spettacolarizzazione.
L’abito, come forma di abbigliamento, può essere definito espressione della differenza personale e singolare di ciascuno. Non si afferma, in questo caso: noi siamo la moda, ma: io, faccio la moda.
In ogni caso va detto che la costruzione di un proprio stile comunicativo del corpo è associato all’aspetto “funky” della moda, ossia alle connessioni che intercorrono tra l’universo delle idee che gli stili di moda propongono ed i consumatori.
Un capo di moda si colloca tra la fantasia come proiezione di se stessi su un determinato contesto, e l’idea come incorporazione del contesto stesso.
Che poi i fruitori della moda, e quindi degli stili, inconsciamente non ammettono la manipolazione indotta dai consumi, che esiste dietro le proposte di capi e di modelli di abiti da indossare, è da imputare alla forza che la sfera emozionale esercita sul soggetto, in quanto il vestire il proprio corpo è pur sempre un atto di forte gratificazione e autoidentificazione all’interno del gruppo sociale.
E l’uomo, nella sua natura che gli è propria, fatta di commistione tra sfera materiale ed emozionale, cerca da sempre di autoaffermarsi, grazie a quel meraviglioso processo dinamico che è la produzione incessante della sua cultura, di cui il costume, la moda e l’abbigliamento sono prodotti culturali costanti.
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